Sabato 26 settembre si è tenuto l’incontro PRIMA DI COMINCIARE IL VIAGGIO… un appuntamento che ha raccontato i presupposti della Stagione 2015/2016 di Fondazione Teatro Due e che ha coinvolto Federico Pizzarotti, Sindaco del Comune di Parma, Laura Maria Ferraris, Assessore alla Cultura del Comune di Parma, Roberto Delsignore, Presidente Fondazione Monteparma e Paola Donati, Direttore Fondazione Teatro Due.
Queste le parole di Paola Donati:
“E adesso raccontatemi le avventure degli uomini” è una frase del poeta Robert Desnos che potrebbe racchiudere da sola il nostro desiderio per questa nuova stagione.
Già, ma come si fa a parlare di desiderio quando si è così fragili, quando le incertezze politiche ed economiche diventano vere e proprie emergenze sociali?
Noi dovremmo essere una specie protetta… No, questo non si può dire.
Allora partiamo col dire che abbiamo fatto ricorso contro il Ministero dei Beni e Attività culturali, perché il decreto che ci ha riconosciuto unico TRIC (Teatro di Rilevante Interesse Culturale) dell’Emilia Romagna è pervaso da uno spirito liberticida rispetto alla creazione artistica. Algoritmi e formule sono strumenti di massima arbitrarietà che danno un ottimo alibi alla politica e alla burocrazia per nascondersi dietro all’apparente oggettività numerica.
Ribellarsi prima dell’applicazione? Da soli o in pochi non si può, ora è tutto nelle mani del TAR, perché prima di soccombere di fronte all’ingiustizia (di cui il taglio al contributo 2015 è solo un sintomo) noi daremo battaglia e ricorreremo se occorre alla Corte Europea.
È tutto talmente complicato… Siamo così abituati a vivere nell’incertezza che spiegare addirittura l’aumento di senso di provvisorietà potrebbe deprimere gli spettatori e diventare lamento incompreso. Ci sarà un altro momento per raccontare il buon funzionamento del teatro a chi è interessato.
Ripartiamo dal desiderio e dalla voglia di fare teatro nonostante le preoccupazioni.
Le théatre est dû au public “ Il teatro è dovuto al pubblico” diceva Jean Vilar.
Allora ripartiamo da un desiderio semplice, fragile e insostituibile che, certo, da solo non basta a superare la paura, ad affermare la centralità dei bisogni immateriali degli esseri umani. A tratti, rispetto alla complessità dei problemi e delle emergenze sociali di un’epoca come la nostra, può apparire superfluo anche a noi sprecare tanta energia per creare degli spettacoli. Ma proprio di fronte alla semplificazione, alla barbarie, al non senso, all’incapacità di trovare nuove certezze sentiamo ancora più forte la necessità di partecipare a un’avventura collettiva che non sappiamo dove ci porta.
Si viene a teatro per la voglia di pensare e di ricordarsi di se stessi, per sentirsi più vivi.
Siamo di fronte alla paura dell’altro, faccia a faccia con la follia di estremismi che, guarda caso, investono sulla rappresentazione mediatica per costruire imperi di morte; assistiamo all’indebolimento degli Stati e della politica, oggi tutto evidenzierebbe che avremmo grande bisogno di essere una società – cioè un gruppo di individui uniti da una rete di relazioni, di tradizioni e di istituzioni – e che questo occorrerebbe costruirlo o ricostruirlo ogni giorno insieme, senza stancarsi. E questo fa il teatro. La sua carica simbolica è così forte da essere sia creatrice di pensiero, di emozioni comuni che tramite di affermazione di sé. L’arte inculca nell’uomo il senso della sua unicità, gli permette di imparare la propria differenza e di trasformare “l’Indeterminato” in un “Io” libero e indipendente. Questo atto a teatro si vive collettivamente.
I teatri sono gli spazi dove gli esseri umani parlano ad altri esseri umani, dove si può parlare di utopie e di incubi, di paradisi perduti e di orizzonti fuori da ogni portata.
Non abbiamo forse bisogno di una fotografia che sia il riflesso di quello che non si vede? Di quello che non si vuole vedere nel mondo?
Il teatro porge degli specchi a quello che potrebbe non essere riflesso, è la camera oscura che rivela l’umanità oltre la realtà del mondo. La luce, l’espressione degli attori, le impressioni degli spettatori non sono altro che la messa a fuoco qui e ora, irripetibile di un’umanità che cerca.
Si va a teatro e si fa teatro per un solo motivo: quello di sentirsi liberi di ridere e piangere tutti insieme, di partecipare alla vita tutti insieme e di trovarla perfino bella.
Paola Donati