con Filippo Dini e Sergio Romano
I due gentiluomini di Verona
Un tempo vivevano a Verona due giovani gentiluomini, Valentino e Proteo, legati fra loro da una solida e antica amicizia. Studiavano insieme e trascorrevano insieme il loro tempo libero, fatta eccezione per i momenti in cui Proteo si recava a visitare una fanciulla di cui era innamorato…
Re Lear
Lear, re di Britannia, aveva tre figlie: Goneril, Regan, e Cordelia. Il re, consumato dall’età, decise di ritirarsi dagli affari di stato e mandò a chiamare le sue figlie per scoprire, dalle loro parole, quale di loro lo amava di più e dividere il suo regno tra loro in proporzione all’affetto che esse nutrivano per lui…
Com’è irruento e travolgente l’amore giovanile! Alimentato da neonate e incontenibili pulsioni fisiche può annebbiare il pensiero, al punto da portare al tradimento dell’altro caposaldo irrinunciabile della giovinezza, l’amicizia. Amore, amicizia e tradimento: Shakespeare ha descritto magistralmente il “dissidio” fra questi tre elementi nella divertente commedia I due gentiluomini di Verona che Sergio Romano porterà al pubblico nella versione di Mary Lamb. Il racconto rispetta minuziosamente il plot delle vicende di Proteo, Valentino e delle innamorate Giulia e Silvia , ma è permeato da quel pudore tipicamente ottocentesco che manca all’originale Shakespeariano vibrante invece di delicata sensualità; Sergio Romano cercherà di riportare questa temperatura al racconto interpretando la vivacità adolescenziale, ormonale e passionale di quegli amori.
Dopo essere stato Amleto per Benno Besson e Jago nell’Otello di Antonio Calenda, Sergio Romano ha intrapreso un intenso percorso nella ricerca sui fool shakespeariani dando vita ai memorabili Trinculo de La Tempesta e Lancillotto de Il Mercante di Venezia diretto da Valerio Binasco: figure dallo sguardo candido, sgangherati popolani, irrimediabilmente comicissimi.
Ecco perché i due grandi assenti nella riduzione dei due gentiluomini di Verona, sono proprio i servitori Lauce e Speed.
Il nucleo del racconto di Re Lear, affidato a Filippo Dini, è il rapporto padre/figlia, il mistero che sottende questa relazione poco indagata dalla drammaturgia teatrale, che ha privilegiato sempre il rapporto amletico e quindi edipico. L’amore delle figlie Goneril, Regan e Cordelia che Re Lear vuole sentire descritto minuziosamente per decidere come suddividere il suo regno, diventa l’oggetto di un’analisi lucida e affascinante. Difficile poter dire il peso filosofico del personaggio di Lear e di tutta la tragedia che prende il suo nome in poche pagine, Filippo Dini cercherà di dare maggiore epicità al racconto per restituire profondità al vecchio re, uno dei personaggi più famosi, tragici ed emozionanti della drammaturgia shakespeariana, che Dini per sua stessa ammissione spera di interpretare.
Paradossalmente però il ruolo shakespeariano che più lo ha “maturato” dal punto di vista professionale, è stato Frate Lorenzo nel Romeo e Giulietta diretto da Valerio Binasco, l’uomo strambo che combina sotterfugi per aiutare i due amanti che ha segretamente sposato, fondamentale per l’avanzamento drammaturgico della storia, ma non certo un protagonista.
Ma non è importante perché Shakespeare ha dato spessore e grandezza a ogni creatura scaturita dalla sua penna; in questo senso è padre del teatro moderno, autore di storie che non nascono da due personaggi o due idee contrapposti, ma dall’incontro di una moltitudine di creature che operano e dialogano tra loro, ha dato vita al teatro del mondo che apre al pubblico la visione sulla pluralità.