“A che punto siamo della notte?”, chiede il suggeritore Simon agli altri, prima che essi s’introducano in casa di Danton per arrestare in nome della Rivoluzione colui che ne è stato un tempo l’eroe. Da questa battuta la Compagnia del Collettivo ha tratto il titolo per la sua rappresentazione tratta dai testi di Georg Büchner, Woyzeck, Leonce e Lena e La morte di Danton. Lo spettacolo, che ha debuttato nel 1984 con una tournée internazionale durata fino al 1989, ha segnato la definitiva maturità della Compagnia del Collettivo, proponendo una sensibile analisi del ’68.
La rappresentazione inizia a scena buia con il canto elegiaco di una voce di donna: “Avevamo sognato tutto molto diverso sui nostri libri, dietro il muro del nostro giardino, tra i mirti e gli oleandri.”
Chi sono nella rappresentazione questi “noi” che stanno ricordando un bel passato e sogni fatti sui libri? “Noi” sono gli attori e coloro che hanno messo in scena questa rappresentazione; “noi” sono le figure che loro hanno ricavato dai testi di Büchner e che ora interpretano. “Noi” sono i membri della compagnia del Collettivo, che (ancora una volta) rappresentano la storia del proprio disincantamento politico e della propria disillusione – questa volta tramite le parole del fervente scrittore tedesco di cui si sono appropriati. Il giardino è l’Università che la maggior parte di loro ha frequentato prima del 1968; i libri sono quelli delle analisi e delle promesse rivoluzionarie, il sogno è stato quello di una rivoluzione col volto umano.
Percorrere un’ideologia fino all’Utopia; poi vedere un muro che si crepa, una strada che devia, ma ritenere il tutto come un’esperienza e discostarsi da una avventura giovanile senza far rogo di quegli anni. Esercitare la critica per capire e crescere, e vivere sempre nuove dialettiche con miti che cambiano talora soltanto di pelle. La memoria guadagna delle luci, delle verità interiori. Per questa possibilità di avanzamento, evitare di rinchiudersi, bensì adempiere ad una necessità e a un dovere di comunicare. E stare col teatro in mezzo alla gente, buttando tutto all’aria ma attenti sempre a ricomporre nuovi livelli di armonia (formale e provvisoria).
Questa è storia di gruppo. È la storia sommaria e indicativa del Collettivo-Due che, incontrandosi con La morte di Danton, vi ha riconosciuto una quasi speculare vicenda, una emblematicità perfino estesa alla biografia del suo autore, Georg Büchner che l’ebbe a scrivere (ventiduenne in cinque settimane) dopo una oramai impossibile ripresa rivoluzionaria, il cui breve conato bastò a rigettarlo sulla riva, lui e il mondo migliore che sognava.”
Odoardo Bertani