Fu allestito in fretta e furia, in dodici giorni, in mezzo all’andata in scena di altri spettacoli. Uno sprint forsanche per rientrare nelle manifestazioni ufficiali del 25 aprile, per portare qualcosa di profondamente politico. Di sconvolgente.
Era il 1984 e nessuno – compreso il suo regista Gigi Dall’Aglio – avrebbe scommesso che quello spettacolo sarebbe andato in scena per 40 anni, diventando una sorta di spartiacque per giovani e meno giovani. Una prova da superare, un dolore da condividere, una memoria da non disperdere. Un sassolino da portarsi dietro nella vita.
Io per 40 anni ho… girato con “L’istruttoria” di Peter Weiss, sono andato in scena, tutte le sere in Italia e all’estero, col Collettivo pur non avendovi mai recitato. E già solo questa coincidenza mi autorizza, credo, a ricordare alcuni punti fermi o curiosi di questo quarantennale.
Una mia foto da giovane, di oltre 40 anni fa, fa parte delle scenografie. Nel Primo Canto gli attori si stanno truccando in scena davanti al pubblico su una quinta trasformata in camerini. Io sono lì a fianco di uno specchio, poco sopra biacca, cerone e matita. La foto ha visto passare migliaia e migliaia di persone curiose, timorose, titubanti, piangenti a volte.
Quella foto col senno di poi è diventata una delle chiavi di lettura dello spettacolo, nel senso che per me è stato l’emblema dell’invecchiarci dentro da parte degli attori, recita dopo recita, anno dopo anno e al contempo la prova che su certe cose il tempo non passa e non deve passare. Anche quella foto è un foglio nel fascicolo scenico dell’Istruttoria e nulla deve o può cancellarla. Come i capelli bianchi e le rughe degli attori… superstiti.
Il 25 aprile 1984 ho recensito per la “Gazzetta di Parma” la “prima” de L’istruttoria a Teatro Due e conservo ancora il programma di sala, un capolavoro certosino e di rigore, tutto scritto a macchina, fotocopiato. Quella sera in scena c’erano Roberto Abbati, Laura Cleri, Gigi Dall’Aglio, Giorgio Gennari, Milena Metitieri, Francesca Mora, Giovanna Pattonieri e Bruno Stori. Musiche composte ed eseguite da Alessandro Nidi. Costumi di Nica Magnani, Luci di Claudio Coloretti e Giuliano Viani. (In seguito anche Giancarlo Ilari vi ha recitato e il cast ha trovato la sua forma definitiva con l’introduzione di
Paolo Bocelli, Cristina Cattellani, Tania Rocchetta e Pino L’Abbadessa e con Giampaolo Pavesi e poi Davide Carmarino all’esecuzione musicale).
Molta gente uscì senza parole da quella “Stagione all’Inferno”, titolo della recensione su 4 colonne. Veniva fatto notare che il gruppo di Teatro Due aveva realizzato una cosa straordinaria per i giovani e – non a caso – andarono tutte esaurite le repliche per studenti fino al 31 maggio.
Gigi Dall’Aglio ispirandosi a Pasolini aveva creato una efficacissima trappola per lo spettatore. Aveva messo in scena la Storia, la Divina Mimesis, aveva riportato il processo per i responsabili di uno dei campi di Auschwitz, parola per parola, testuale. Così facendo ha portato il pubblico nella oscurità dove l’inferno sono gli altri ma questo significa anche che siamo noi.
Una durissima orazione civile che non faceva sconti. E che negli anni proprio coi giovani ha realizzato le fondamenta di un successo duraturo, intergenerazionale. In quarant’anni ha abbondantemente superato le 1500 repliche ed è stata vista da oltre 300.000 persone.
Penso di aver visto L’Istruttoria tutti gli anni, e comunque più di 40 volte, alla mattina, alla sera. Ci ho portato amici parenti, familiari. E ogni volta ne sono uscito con un grumo.
Settembre 2008 Tel Aviv, il Teatro Due rappresenta per la prima volta in quel Paese L’Istruttoria di Peter Weiss. È un evento culturale non piccolo. Seguo la rappresentazione (che per la prima volta sarà tutta frontale su uno stesso palcoscenico), per il quotidiano “La Repubblica”. In platea anche lo scrittore Abraham Yehoshua che intervistato parlò a lungo della nostra umanità dolente e del pericolo che il Male assoluto -, dimenticato, trasfigurato, giustificato per certi versi – poteva essere replicato e non solo dai nemici di Israele.
La domanda posta da Gigi col suo allestimento de L’Istruttoria è sempre lì, figlia della curiosità di un artista e del cercare di capirci ed essere scomodi: “Il fatto di sapere perché”.
Il 15 gennaio 2022 dopo che il Covid aveva portato via il regista Dall’Aglio (dicembre 2020) va in scena la prima replica dell’Istruttoria senza Gigi, senza il suo regista l’anima di quella scelta attuale ma lontana, un testo non facilissimo di Peter Weiss.
Questa la mia riflessione pubblicata su Facebook “In quello che io chiamo “Teatro Gigi Dall’Aglio” è andata in scena la prima replica de “L’istruttoria” di Peter Weiss, del quale Gigi era regista e interprete dal 1984, senza Gigi.
Il testamento dal pomeriggio del 15 gennaio 2022 si affianca alla testimonianza, in questo lungo, straziante e dolcissimo tunnel dei ricordi. Quando inventò questo spettacolo, diventato col tempo un vero capolavoro, Gigi ruppe non poco con le precedenti cifre stilistiche dei suoi lavori con l’ex Collettivo e non.
Scelse il teatro civile, la capacità di ammutolire e far rimanere senza parole il pubblico con la sola forza dei fatti mostrati che vincono sulla finzione creano spaesamento, riflessione, giudizio.
Prevedendo la durata nel tempo di questo suo lavoro Gigi diceva sempre “che gli attori ci devono invecchiare dentro”, devono portare in scena i loro cambiamenti, il pubblico porta già i suoi e quindi la recita tratta da Weiss svolge una doppia funzione di ricordo e attualizzazione pur rimanendo distante.
Un monito, ma forse nemmeno lui prevedeva che quasi 40 anni dopo lo spettacolo diventasse talmente così di tutti, indipendentemente forse da chi lo interpreterà ancora oggi e negli anni a venire.
Ecco allora alcune piccole considerazioni per non dimenticare.
Il congegno ad orologeria dello spettacolo ci svela la grandezza delle intuizioni di Dall’Aglio.
Lo spettacolo è certamente diverso da quando lui, Gigi, ma anche Tania Rocchetta e Giorgio Gennari erano in scena. Eppure nel binario del testamento artistico lo spettacolo regge anche coi giovanissimi volti e cuori di Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Massimiliano Sbarsi, con Laura Cleri che fa ora la parte che fu di Tania Rocchetta, eccetera. Anzi per certi versi aggiunge bellezza, altra vita, linfa di confronto.
Non solo gli attori ci devono invecchiare dentro, ma in quella scena che racconta l’Olocausto ci arriva tutta la società coi suoi cambiamenti. Questo spettacolo dal punto di vista artistico è eterno, un classico nel cannocchiale del teatro.
E questo aumenta il valore della testimonianza.
Anzi la rende indispensabile ogni anno che passa e ancora, ancora negli anni futuri
È la trappola bella del teatro, la trappola della bellezza del teatro che Gigi ha intuito e realizzato.
Uguale ma sempre diverso.
Ecco con questa “Istruttoria” più che mai ha un senso quello che ci siamo detti sottovoce per mezzo secolo: compagni per una sera, compagni per una vita.
Un capolavoro vivo e di scena. Grazie anche per gli anni e gli spettatori a venire”
Questo è uno spettacolo che ti resta dentro, ti attacca. Mi piace regalare una curiosità che aiuta a capire la potenza della narrazione di Weiss- Dall’Aglio. Milena Metitieri da decenni non fa più l’attrice ma esercita come psicologa, eppure una volta all’anno va in scena nel lager. Una sorta di testimonianza artistica, per non dimenticare, per non fare dimenticare. Un obbligo sociale.
Nel 2024 questo naufragio dell’umanità con spettatori, riprende la propria rotta a partire da Milano. La nave continuerà a barcollare nella ferita più grande: il disumano che si veste di umano.
Antonio Mascolo