Fondazione Teatro Due
19 novembre dalle ore 16.00
nell’ambito di SHAKESPEARE MARATHON
Se di poesia si parla, la prima cosa su cui si può essere tutti d’accordo è che essa sia immortale, e vada al di là di ogni luogo e di ogni tempo. Ed è proprio in virtù di questa consapevolezza che, nell’anno della ricorrenza per i quattrocento anni dalla morte del più grande drammaturgo del Mondo Occidentale, parliamo ovviamente di William Shakespeare, Fondazione Teatro Due, con la collaborazione di Crocetti Editore, ha scelto di invitare due poeti che proprio con Shakespeare condividono lingua, nazionalità e soprattutto forma.
Nella giornata che Fondazione Teatro Due dedicherà a Shakespeare (il 19 novembre dalle ore 16.00, nell’ambito di Shakespeare Marathon, un’iniziativa di Reggio Parma Festival), e che sarà incentrata per lo più sulla produzione poetica del Bardo, in particolare sui Sonetti, il teatro ospiterà due dei maggiori poeti inglesi contemporanei, Tony Harrison e Jamie McKendrick che leggeranno una selezione di Sonetti. Perché? Perché entrambi per motivi tra loro diversi sono accomunati, dall’interesse per una forma poetica (il sonetto) e dalla concezione del ruolo della poesia, all’opera di un uomo: l’onnipresente Shakespeare, che dopo 400 anni continua a stupirci non solo per aver delineato il Grande Teatro del Mondo meglio di chiunque altro, ma anche per la sua sensibilità tutta umana (e cos’è Shakespeare se non il più umano degli uomini) per la composizione poetica. Argomento del quale Harrison e McKendrick sono forse i più eminenti rappresentanti, per la lingua inglese sicuramente, ma non solo.
Tony Harrison (1937), nativo di Leeds e testimone seppur giovane delle reazioni della Gran Bretagna agli esiti della Guerra nella sua famiglia piccoloborghese e conservatrice composta da macellai, gestori di pub e fornai (ci si guarda indietro a Shakespeare e a suo padre guantaio), è da sempre un ribelle, un anarchico e il suo rapporto con la tradizione tutta anglosassone dei Poeti Laureati può agevolmente essere riassunto nel piacere sardonico che egli ebbe nel constatare come uno dei suoi poemi più importanti, V., fosse stato accolto con sgomento e sentimento di scandalo dall’opinione pubblica inglese dopo la sua pubblicazione (anche in forma di film-documentario) sulle maggiori testate del Paese, tra cui l’irreprensibile BBC. È poeta, traduttore di classici, drammaturgo (come lo stesso Shakespeare), autore televisivo, corrispondente di guerra. Tenne per conto del Guardian un resoconto poetico della guerra in Bosnia, e questo ha fatto di lui un poeta civile, mai disgiunto dai fatti della vita vera pur perseguendo un immaginario personalissimo e fortemente dedito allo stile, alla rima baciata, alla forma tradizionale. I modelli? I classici, Wordsworth, Pound, Yeats. Un poeta che racconta la lapide dei genitori mentre ci sta appoggiato sopra, guardando da una parte l’Università (da cui ha imparato soprattutto a distaccarsi intellettualmente dall’ambiente famigliare) e dall’altra lo stadio del Leeds, i cui tifosi imbrattano le tombe con insulti agli avversari. Profanazione del passato e sua celebrazione, in uno stile che ad oggi continua ad essere rivoluzionario e irriverente anche per l’uso che Harrison fa dei modelli “tradizionali” come il sonetto e l’uso del verso giambico e della rima.
Jamie McKendrick del sonetto è maestro e anche nelle sue prove più recenti dimostra un’attenzione e una maestria interessantissime verso ciò che il sonetto rappresenta, come in uno sguardo che contemporaneamente è al passato (la forma poetica canonizzata nei secoli scorsi) e al futuro (i riferimenti alla scienza, allo spazio, alle considerazioni su un nulla fantascientifico e quantistico). Una carriera, la sua, che è passata e continua a passare spesso dall’Italia, visto che McKendrick è stato lettore di Lingua e Letteratura Inglese all’Università di Salerno negli anni della giovinezza, e ha usato la metafora del vulcano (e non uno qualsiasi, ma il Vesuvio) come leitmotiv per il suo The Sirocco Room. Ma il rapporto con l’Italia si evolve soprattutto con le traduzioni in inglese che McKendrick ha curato dei maggiori autori italiani come Giorgio Bassani (l’intero romanzo di Ferrara oltre che il capolavoro Il Giardino dei Finzi-Contini) e più recentemente del poeta Valerio Magrelli. Un problema urgente, quello della traduzione, per chi si approccia al lavoro di Shakespeare e in special modo con ciò che di più misterioso esiste dell’artista, proprio la collezione dei Sonetti. E che riporta alla luce non solo argomenti come l’attualità di una forma poetica, ma anche il ruolo del poeta come scrutatore della vita e come personaggio a tutto tondo in un mondo che cambia, che evolve, proprio come il teatro.
Se da una parte, quindi, McKendrick è un portatore della forma poetica oltre le barriere del tempo e un abilissimo traduttore di poesia in un senso che sembra inusuale ma è attualissimo (siamo abituatissimi alle traduzioni dall’inglese all’italiano, prime fra tutte quelle shakespeariane, ma molto meno al procedimento contrario), dall’altra Harrison si pone come un poeta moderno che vive la storia e la scrive, la declina in versi e la sviscera in modo spesso violento e dissacrante. Proprio come il Bardo, che in un’epoca di censura e di asservimento al potere non si fa scrupoli a declamare il suo amore per un giovane uomo e il suo triangolo sentimentale (mentre sbeffeggia il potere in ogni sua forma nei suoi testi teatrali, basti pensare a Riccardo III o a Enrico IV). E non è forse un caso che la moglie di Harrison, Siân Thomas, sia un’attrice della Royal Shakespeare Company e che sia familiare a ruoli come Lady Macbeth e Elisabetta, e che anche lei sia ospite insieme al marito e a McKendrick in una serata che non celebra solo Shakespeare, ma la poesia in senso più ampio. Quello che è evidente è che farsi raccontare “la Madre delle Muse”, la Memoria, da questi poeti nel giorno in cui ad essere esplorato è il più ispirato di tutti i poeti è un’occasione da non perdere.
Informazioni e programma completo www.teatrodue.org – Tel. 0521/230242.