I DRAMMATURGHI

TEATRO DUE
6 giugno, ore 18:00

INGRESSO LIBERO

inaugurazione dell’opera di Mimmo Paladino
segue conversazione con Oberdan Forlenza, Presidente Fondazione Teatro Due  

L’opera di Mimmo Paladino è tanto difficile da classificare, quanto è facile classificarla; tale difficoltà sta nel non riuscire a incasellarla in una direzione univoca, in un solo registro o medium, eppure tanto semplice giacché – per quanto capace di muoversi su un territorio illimitato e non limitabile – è pur sempre l’azione di un pittore, un pittore consapevole del suo ruolo nello sviluppo della lunga storia dell’arte.
Anche nel caso delle vetrate del Teatro Due di Parma, Paladino comprova di essere l’artista che trasforma la possibilità in immagine, suggestione, rammemorazione, cortocircuito. Il vetro, che porta con sé la lunga tradizione medioevale delle cattedrali insieme all’innovazione novecentesca dei grandi maestri dell’avanguardia (si pensi a Henri Matisse e George Rouault), è il pretesto per ricongiungere il presente al passato, dimostrando che l’arte non ha un tempo o uno spazio, ma tutto accade in un attimo continuo in cui lo spettatore porta l’elemento distintivo, destinale. Allora le figure degli eminenti drammaturghi citati, da quelli dell’antica Grecia o della Puglia, da Londra ai freddi mostri del Nord Europa, sono il pretesto per rappresentare l’uomo e soprattutto l’uomo nelle sue manifestazioni creative migliori, poiché scandagliano l’animo per far intendere chi siamo, tanto più oggi dove conta il cosa vorremmo sembrare.
E questa sperimentazione è ragguardevole perché avviene nel teatro, che fin dalle riflessioni di Platone potrebbe considerarsi un luogo di sovversione, e che proprio fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo caratterizza lo scandalo come la novità. Due grandi momenti di rivoluzione artistica nascono da altrettanti teatri parigini: l’Opera Garnier – che apre alla rivoluzione del movimento di Edgar Degas, poi il Teatro dei balletti russi che fa esplodere una nuova forma attraverso i bassorilievi di Émile-Antoine Bourdelle dedicati a Vaslav Nijinsky e Isadora Duncan.
Mimmo Paladino, che di teatro se ne intende collaborando spesso con registi e compagnie per accompagnarne le rappresentazioni (l’origine della celebre e fondamentale Montagna del sale deriva da tali interventi), ha però mantenuto una prerogativa importante, ossia di non aver mai teatralizzato l’arte (cosa che ultimamente va abbastanza di moda), di converso si è appropriato del «teatro» alla stregua di uno dei tanti elementi che possono entrare e vivere nelle sue opere, forse quasi cannibalizzandolo.
Sarah Kane, Samuel Beckett, Carlo Goldoni, Eduardo de Filippo, Carmelo Bene, Antonin Artaud, Euripide, Henrik Ibsen… sono volti, maschere, colori, sono tutto quello che ciascuno di noi è o non è, sono la nostra possibilità di essere ogni cosa, ogni altra persona; specialmente, Paladino è fra i pochi autori in grado di annullare gli schemi e le formulazioni preordinate per arrivare all’essenza, per arrivare al fondo della nostra esperienza umana.

Parma è ora più ricca.
I drammaturghi di Mimmo Paladino – queste due grandi vetrate che costituiscono la più importante opera su vetro del Maestro – sono e resteranno testimonianza della sensibilità della città e dei suoi luoghi culturali per l’arte contemporanea.
Come comunità del Teatro Due siamo veramente contenti ed orgogliosi.
Per una volta, alla “volatilità” del teatro, alle sue manifestazioni importanti ma naturalmente instabili – destinate a durare solo nell’anima di chi lo fa e di chi vi assiste – si accompagna un’opera che celebra l’esperienza teatrale e che è destinata a rimanere nel tempo.
Non a caso tutto questo accade qui.

Oberdan Forlenza