IL BORGHESE GENTILUOMO

di Molière
traduzione Cesare Garboli

con 

Signor Jourdain, borghese Filippo Dini
Signora Jourdain, sua moglie Orietta Notari
Dorimène, marchesa Sara Bertelà
Dorante, conte, amante di Dorimène/maestro di musica Davide Lorino
Lucile, figlia di Jourdain/aiutante sarto Valeria Angelozzi
Cléonte, innamorato di Lucilla/maestro di scherma/lacchè Ivan Zerbinati
Nicole, serva/sarto  Ilaria Falini
Covielle, servo di Cleonte/maestro di ballo Roberto Serpi
Maestro di filosofia Antonio Zavatteri

scene e costumi Laura Benzi
musiche Arturo Annecchino
luci Pasquale Mari

aiuto regia Carlo Orlando

regia Filippo Dini

produzione Teatro Stabile di Genova
Fondazione Teatro Due di Parma

Spazio Grande

2, 3, 4 febbraio 2017, ore 20.30
domenica 5 febbraio, ore 16.00

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Scritto nel 1670 in forma di comédie-ballet e velatamente ispirato alla vita sfarzosa di Luigi XIV, Il borghese gentiluomo venne recitato per la prima volta dallo stesso Jean-Baptiste Poqueline, in arte Molière. Jourdain, protagonista della vicenda, è ricco, ma manca della ricchezza più preziosa: la nobiltà; è un borghese, un parvenu, un comicissimo arrampicatore sociale. Non si perde d’animo e sfrutta le sue finanze per acquisire amicizie convenienti nelle alte sfere, per educarsi e per circondarsi di un “allegro carnevale” di maestri di danza e di musica. Si dedica alla filosofia, alla scherma e a tutti gli agi che convengono a un ambiente nobile. Gli equivoci non tardano a manifestarsi quando i maestri si rendono conto che Jourdain non è né colto né elegante quanto vuole apparire, e i nobili che frequentano la sua casa si rivelano spietati avvoltoi in cerca di facile denaro. Alcuni privilegi non si comprano e, come in molti testi del grande drammaturgo francese, nella casa del borghese gentiluomo prende vita un universo di mascherate, inganni e finzioni.

Nello scanzonato mondo di Molière la divisione per classi aveva una portata comica. C’erano le secolari barriere di sempre, sentite come naturali, ineluttabili, inattaccabili: il popolo da una parte, la nobiltà dall’altra, divisi da un confine invalicabile. Tentare di uscirne era materia di commedia: ne rideva la nobiltà, ma ne rideva anche il popolo.

Nel complicato e codificato universo dell’Ancient Régime la divisione era chiara, e chi cercava di modificarla era oggetto di scherno e divertita compassione, come chi cercava di piegare alle proprie ambizioni le millenarie –e “naturali”- regole del gioco.

Per cui nel “povero” borghese Jourdain che vuole farsi gentiluomo, si copre di ridicolo e si fa sfruttare da chi gli sta intorno, non c’è attesa per un futuro riscatto; c’è una macchina teratrale comica che sa di satira. La rivoluzione arriverà oltre un secolo più tardi: Molière è dalla parte dell’ordine costituito e vuole divertire, e lo fa con un intreccio magistrale, con una brillante commedia che nei secoli non ha perso la sua freschezza.

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