Il malato immaginario è sempre stato visto come una farsa, un gioco su un ipocondriaco, tanto che è diventato anche un modo di dire. In realtà il testo è un collage di altri testi scritti da Molière nell’arco di tutta la sua vita – L’avaro, Tartufo, Don Giovanni, Le furberie di Scapino, ecc..
Ma si tratta davvero solo di una farsa? Forse un uomo che, l’ultimo anno della sua vita, dopo aver perso la patente di poter utilizzare la musica, che non può essere responsabile delle feste di Versailles, che subisce le calunnie di chi dice che abbia sposato la figlia, ed è malato di tubercolosi, mette in scena solo una sedia, vuole dire qualcos’altro.

Walter Le Moli

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foto Tommaso Le Pera

Ha debuttato in prima nazionale il 10 gennaio 2017 Il Malato immaginario di Molière, diretto da Walter Le Moli e interpretato dagli attori dell’Ensemble Stabile di Teatro Due.
L’ultima grandiosa opera del commediografo francese è un testo che vive di contrasti fra l’apparente leggerezza di una comédie-ballet e l’allucinata disperazione di un genio teatrale alla fine, un’opera profonda e molto complessa, difficilmente inquadrabile in un genere: fa ridere come una commedia, è amara come una satira, mette in scena la morte come una tragedia, parla del suo autore come un’autobiografia, contiene danza, musica e cori come una grand opéra.
È il 1672, annus horribilis per il drammaturgo, che ha perso la compagna di una vita, Madeleine Béjart, il terzo dei figli avuti da Armande, sua chiacchieratissima sposa, vede acutizzarsi la malattia che lo affligge da tempo, ed è stato detronizzato dal ruolo di impresario e organizzatore dei divertimenti del re; il gusto di Luigi XIV, infatti, è mutato, e con esso la politica culturale di Versailles, tesa verso l’opéra francese, al punto che viene concesso il monopolio nel campo della musica a Jean-Baptiste Lully, compositore principe della corte del Re Sole e (ormai) ex collaboratore di fiducia di Molière per la creazione delle musiche dei suoi spettacoli. Nonostante tutto, il 10 febbraio 1673, la Troupe du Roi capeggiata da Molière, mette in scena Il malato immaginario, con musiche, stavolta, di Marc-Antoine Charpentier e, soprattutto, con l’autore che recita nel ruolo del protagonista. Senza nulla togliere alla tradizione che mette in scena Il malato immaginario come una farsa, è legittimo interrogarsi su altri significati di quest’opera, in cui è quasi impossibile separare la creazione artistica dal vissuto di Molière, tanto da farla diventare un vero e proprio testamento teatrale. Sotto la guida di Walter Le Moli, l’Ensemble Stabile di Attori del Teatro Due, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Sergio Filippa, Luca Giombi, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen e Emanuele Vezzoli, propone questa commedia rivedendone la tradizione, cercando di svelare gli strati nascosti e perseguendo il difficile compito di far ridere, ma senza facili buffonerie. Con le luci di Claudio Coloretti, gli arrangiamenti musicali di Bruno de Franceschi, i costumi di Gianluca Falaschi e lo spazio scenico in cui campeggia, dinnanzi a un’opera di Luca Pignatelli, solo la poltrona di Argan, ancora ci si interroga su cosa abbia voluto dirci Molière.

IL MALATO IMMAGINARIO, di MOLIÈRE 

streaming dal 23 al 26 gennaio 2021

IL MALATO IMMAGINARIO e LA LOCANDIERA

Walter Le Moli analizza e racconta la riforma teatrale che partendo da Molière arriva a Goldoni

foto Tommaso Le Pera