In occasione dello spettacolo Il Vantone di Pier Paolo Pasolini con la regia di Federico Vigorito in scena a Teatro Due venerdì 18 e sabato 19 dicembre alle ore 21.00, Ninetto Davoli, attore feticcio e importante testimone dell’attività culturale e artistica di Pasolini sarà protagonista di un incontro con il pubblico venerdì 18, alle ore 18.00.
È gradita la prenotazione mandando una mail all’indirizzo f.rossi@teatrodue.org, oppure telefonando al numero 0521.289644
Nella ricorrenza dei 40 anni dalla scomparsa di Pier Paolo Pasolini, Fondazione Teatro Due ospita Il Vantone, traduzione dialettale romanesca in versi settenari e rima baciata del Miles Gloriosus di Plauto;un’operazione letteraria e teatrale che, da quando venne elaborata nel 1963, non ha smesso di destare attenzione e curiosità. Cosa poteva aver spinto Pasolini a tradurre una commedia del III secolo avanti Cristo in dialetto romanesco, una lingua, tra l’altro, non sua, trasferendo Efeso, luogo di svolgimento della pièce plautina, in una prosaica borgata romana?
Erano gli anni del Vangelo secondo Matteo, di Accattone e si erano già dati alle stampe capolavori comeRagazzi di Vita e Le ceneri di Gramsci, perché Pasolini decise di dedicarsi a questa ardita traduzione? si è chiesto il regista Federico Vigorito. Certo non poteva rispondere a questa domanda la sola ipotesi che il progetto nascesse su richiesta di Vittorio Gassman (il progetto tra l’altro non riuscì nemmeno a debuttare). Quindi rilessi la commedia, Miles e Vantone. Trovarmi nel pensiero di Pasolini mi aiutò a credere dal vero alle parole di Plauto, a considerarne oltre che il valore narrativo anche tutto il potenziale civile e politico; è cosi che cominciai a convincermi del divertimento intellettuale di Pier Paolo Pasolini rispetto a questa traduzione. La commedia Plautina certo è ben salda sui pilastri dell’intrigo amoroso e delle beffe del servo a carico del padrone ma il Nostro vi individua un germe importante, fondamentale per la sua grammatica di autore degli ultimi: l’Umanità, pietosa e rivoluzionaria. Allora diventa plausibile immaginare Efeso come una periferia qualsiasi della Roma che P.P.P. ha cosi tanto amato, far compiere al tempo un salto di due millenni e lasciare che la storia di Pirgopolinice e Palestrione abbandoni la sua natura farsesca, allegorica, per mutarsi in una graffiante commedia sociale. Qui ogni singolo personaggio agisce per suo squisito tornaconto muovendosi all’interno della commedia mal celando quell’ingenua meschinità con cui sempre, il Poeta, ha caratterizzato i suoi personaggi. Una nuova occasione per Pasolini di lanciare l’ennesimo monito che oggi, ahimè, se avessimo saputo leggere, avremmo potuto ben definire eredità.
Nel ruolo del soldato romano Pirgopolinice, il vantone del titolo (in dialetto romanesco sbruffone), Edoardo Siravo, mentre nel ruolo di Palestrione non poteva mancare Ninetto Davoli, attore feticcio e importante testimone culturale dell’esperienza artistica e intellettuale di Pasolini.