Nel 1880 Anton Čechov è uno studente di medicina al verde; inizia a scrivere storie per sette copeche a riga, per sbarcare il lunario: “la medicina è moglie legittima, la letteratura un’amante” dirà… È proprio con gli occhi chirurgici del medico e uno sguardo di affettuosa compassione che, tra il 1884 e il 1891, scrive gli Atti Unici , studi drammatici e scherzi per lo più legati all’universo del vaudeville e a una dimensione farsesca. Čechov nobilita la banalità del quotidiano e gioca con i suoi protagonisti. Gli Atti Unici sono piccoli lampi di genialità drammaturgica che conservano in nuce le scintille di quella rivoluzione teatrale che esploderà con Il Gabbiano, Zio Vanja, Le tre sorelle e Il giardino dei ciliegi.
Ora questi Atti unici sono il cuore del nuovo progetto teatrale di Fondazione Teatro Due che ne mette in scena otto, presentandoli a coppie di due per sera, da inizio gennaio fino a fine febbraio. La prima coppia a debuttare sarà Tragico suo malgrado e l’Orso il 9 gennaio, poi Sulla strada maestra e I danni del tabacco il 23 gennaio, Una domanda di matrimonio e L’anniversario il 3 febbraio e infine Il canto del cigno e Le nozze il 15 febbraio. Il 24 febbraio saranno presentati uno di seguito all’altro, in una vera e propria maratona čechoviana che sarà un’immersione in uno straordinario e irresistibile spaccato di umanità.
“Un affondo così intenso in questa produzione dell’autore russo credo non sia mai stato proposto in Italia prima di oggi, trovo che sia un’idea magnifica” racconta Fausto Malcovati , uno fra i massimi esperti in Italia di letteratura e teatro russo, di cui è docente all’Università Statale di Milano, autore di una splendida biografia di Čechov, “Il medico, la moglie, l’amante”, e traduttore di alcuni degli Atti unici che saranno messi in scena al Teatro Due. “Sono testi che Čechov stesso chiamava “sciocchezzuole”, li componeva con la mano sinistra – prosegue Malcovati, – de L’orso disse addirittura di averlo scritto solo in un’ora e mezza. Non diede mai grande importanza a questi lavori, pensando che sarebbero stati rappresentati solo in provincia, mai nella capitale”. Ma non fu così, anzi, questi piccoli testi ebbero grande successo anche a Pietroburgo e a Mosca.
Molti di questi Atti unici vengono da precedenti racconti, come Sulla Strada maestra del 1884, studio drammatico del racconto In Autunno, ed è un unicum per drammaticità ed ambientazione: si svolge nei bassifondi e l’autore presenta uno spaccato di diseredati e derelitti che costituivano gran parte della popolazione russa degli anni ’80. “Dobbiamo ricordare che le rappresentazioni di Sulla strada maestra erano state vietate dal comitato di censura: presentare un nobile decaduto che elemosinava un po’ di vodka non era ammissibile”; in tutti gli altri Atti prevale la comicità, anche se venata da momenti di malinconia e di inquietudine.
“La tecnica di Čechov è quella di prendere l’idea comica presente nel piccolo episodio del racconto e dilatarla, amplia la sua scrittura e la rende più articolata, asciuga però il linguaggio rendendolo ancor più aggressivamente comico. Così fa ne Il canto del Cigno alla cui base c’è il racconto Calcante del 1886: qui un vecchio attore si sveglia in camerino dopo una sbornia e comincia un breve dialogo con il suggeritore a cui racconta i suoi anni ardenti da attor giovane, l’amore per una fanciulla che non lo volle come marito perché non disposto a lasciare il teatro… rispetto al racconto il testo teatrale è triplicato, nell’evocare la sua carriera l’attore si esalta, declama alcuni dei suoi cavalli di battaglia: la follia di Lear, la morte di Boris Godunov, parti dell’Amleto e di Otello. Altro esempio è fornito da Le nozze che viene addirittura dall’unione di due racconti: Il matrimonio a pagamento e Il matrimonio con Generale.
Il canto del cigno del 1886 è già coevo a testi importanti, è contemporaneo al racconto breve La Steppa, testo di una certa importanza che può comporre grazie alla conoscenza e alla collaborazione con un personaggio chiave della sua carriera, l’editore e finanziatore Suvorin. Dal momento in cui si applica alla scrittura de Il gabbiano e siamo nel 1896, quei brevi testi sono già acqua passata. Si noti però che sebbene Čechov li avesse definiti delle stupidaggini, continua a ritoccarli fino alla fine: a I danni del Tabacco ha lavorato fino agli anni in cui stava già scrivendo Il giardino dei ciliegi.”
Lo spaccato umano che emerge da queste storie è variopinto, i protagonisti sono eccentrici, vibranti di stramberie, irrisolti, ipocondriaci, “l’autore li chiama a volte vaudeville anche perché ne succedono di tutti i colori. L’anniversario per esempio nasce da un curioso episodio della vita di Čechov che venne mandato dal giornale per il quale lavorava per seguire un processo di bancarotta, dove era evidente il tentativo – comico naturalmente – di manipolare il bilancio di una banca, una storia simile a quella del crack Parmalat… “Già da questi primi lavori teatrali Čechov disegna fior di personaggi e folgoranti intuizioni comiche, e si dimostra un maestro del linguaggio parlato: le sue battute suonano genuine, naturali e dirette, eccezionalmente moderne. Tradurlo è facile perché nelle sue righe c’è il senso del parlato, mai un tentativo di letterarietà o un tono paludato. Se qualche personaggio risulta artificioso o noioso è per esplicita volontà dell’autore, che sa fare sapientissimo uso della lingua. Non a caso i grandi attori del tempo, per le loro serate d’onore si contendevano i suoi monologhi, i suoi Atti Unici, formidabili pezzi di bravura che permettevano di esibire tutto il loro talento, la loro comicità. Per questi testi l’autore riceveva del denaro, tanto che affermò “Se io avessi scritto solo atti unici, sarei un uomo ricco!””.