LE TROIANE
ovvero in guerra per un fantasma
da Le Troiane, Ecuba e Elena di Euripide adattamento di Sartre, riscrittura di Seneca
PICCOLA SALA
4 / 16 febbraio
con Imma Villa, Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli, Serena Mazzei
costumi Antonella Mancuso
musiche originali Paolo Coletta
foto di scena Anna Camerlingo
realizzazione scene Andrea Iacopino
video editing Fabiana Fazio
aiuto regia Aniello Mallardo
regia Carlo Cerciello
produzione Fondazione Teatro Due, Anonima Romanzi Teatro Elicantropo
Nel 415, quando l’esercito ateniese era sul punto di salpare alla volta della Sicilia, Euripide scrisse una trilogia “troiana”, formata dall’Alessandro, dal Palamede e dalle Troiane. Per esprimere il suo punto di vista contrario alla deriva imperialistica che aveva preso in quegli anni la politica ateniese, l’autore mise sotto gli occhi degli spettatori il dramma dei vinti rappresentandolo attraverso le sofferenze della regina Ecuba, vedova di Priamo, della profetessa Cassandra, destinata al letto di Agamennone e della sventurata Andromaca, che, poco dopo aver perso il marito Ettore, è costretta ad assistere impotente alla morte del figlioletto Astianatte. Affinché però il pubblico ateniese capisse che dal male non può che nascere altro male, fece comparire nel prologo una discussione tra Atena e Poseidone sul modo migliore per distruggere la flotta greca nel suo viaggio di ritorno verso la patria, a dimostrazione che la guerra devasta non solo chi la subisce, ma anche chi la fa.
L’adattamento, pur rifacendosi al testo euripideo, lo contamina con inserti tratti dalle riscritture di Sartre, Giraudoux, Seneca e da altre tragedie dello stesso Euripide, quali Ecuba e Elena, per ampliarne l’orizzonte tematico ed attualizzarlo. Le Troiane, pur conservando la tematica principale della tragedia di Euripide, quella, cioè, della disumanità e dell’ingiustizia della guerra che non risparmia né vinti né vincitori, abbandona i confini netti tra vittime e carnefici per indagarne le zone grigie. Non ci troviamo più di fronte a delle donne custodi della pace in opposizione ad un universo maschile guerrafondaio, ma le vittime, così come i carnefici, sono talmente brutalizzate dalla guerra da non desiderare altro che la sopraffazione e l’annullamento dell’altro, tipico della natura umana.
Accecate dal loro desiderio di vendetta, Ecuba, Cassandra e Andromaca non colgono le reali ragioni alla base della guerra e si scagliano con violenza verso Elena, ritenuta a torto la responsabile del conflitto. Già Euripide delineò una Elena innocente nella tragedia omonima del 412 a. C. La Tindaride non aveva tradito il marito, poiché nel letto di Paride, la dea Era aveva messo un simulacro: la guerra, dunque, si sarebbe combattuta per un fantasma.
Elena, pertanto, è un pretesto, una fake news, uno strumento di propaganda guerrafondaia, ma è anche vittima della sua stessa bellezza, l’icona, suo malgrado, di una visione fallocratica che l’ha condannata ad un’esistenza di pregiudizi. Elena rivelerà la verità, ma di fronte all’ostinata cecità delle vittime, sarà costretta a recuperare il suo ruolo di carnefice/seduttrice, per evitare la morte e ritornare in Grecia. A Ecuba, Cassandra e Andromaca non resterà che il dolore, un destino di schiavitù e la morte come unica consolazione.