Pubblichiamo di seguito alcune riflessioni raccolte dal Prof. Carlo Doglioni Majer, Presidente della Fondazione Teatro Due, in merito alla situazione inveratasi in seguito alla sentenza del TAR del Lazio che ha accolto i ricorsi della Fondazione Teatro Due e del Teatro dell’Elfo di Milano contro il Decreto Ministeriale di riforma 1 luglio 2014 (per poter leggere la sentenza, cliccare qui).
Le recenti polemiche sulla riforma del FUS, così come sono apparse sulla stampa nei giorni scorsi, mi sembra abbiano trascurato un punto fondamentale: le irregolarità ravvisate nella sospensiva del TAR del Lazio non sono formali, ma sostanziali.
Se fosse solo una questione di forma (forma che da un Ministero è peraltro legittimo aspettarsi) potrebbe aver ragione chi accusa i ben oltre 100 ricorrenti di interessi particolari e passatismo. Ma i dubbi accolti dai magistrati riconoscono invece il carattere arbitrario e soggettivo di un sistema di valutazione che tanto il Ministero quanto l’associazione di settore difendono come ‘scientifico’ e oggettivo. E il fatto che — invece di prenderne atto ed aprire un civile dibattito — si punti a blindare la questione con l’ennesimo decreto legge, dovrebbe mettere in sospetto anche le numerose persone cooptate nella raccolta di firme di sostegno.
Noi ricorrenti ci siamo mossi perché penalizzati dalla riforma, è vero: e non facendolo avremmo mancato di rispetto alle nostre realtà, ai nostri lavoratori, al nostro pubblico. Ma i rilievi mossi vanno oltre il nostro specifico, per rivelare una maniera di intendere lo Spettacolo che non fa onore né ai vincitori né ai vinti, e si trincera dietro le statistiche rinunciando a conoscere, capire e tracciare un vero nuovo corso. Infatti, al di là di tutte le manifestazioni di consenso, questa riforma si limita (come dicono gli americani) a «mettere in ordine le sedie sul Titanic». Oggi è il turno della Terza Classe, ma la cosa chiaramente non finisce qui.
Prof. Carlo Doglioni Majer
Qui di seguito, invece, pubblichiamo l’appello di FACCIAMOLACONTA, associazione che riunisce artisti dello spettacolo (principalmente attori e attrici professionisti), che propugna l’unità del settore.
APPELLO RESPONSABILE ALL’UNITA’ DEL SETTORE
L’8 Luglio è stato pubblicato sul sito del Mibact un appello, firmato da 100 persone, in favore del Decreto
Ministeriale, auto definito dallo stesso Ministero “un appello con cui il mondo dello spettacolo chiede al
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini di proseguire nella riforma dello
spettacolo”;
il 3 Giugno FACCIAMOLACONTA aveva già inviato una lettera al Ministro, firmata da 600 persone, in cui si
evidenziavano alcune ravvisate mancanze dello stesso Decreto, rivolto esclusivamente alle imprese e con
poca attenzione, invece, alle parti più “deboli” della filiera produttiva, cioè gli artisti.
Perché non è stato dato spazio alcuno alla nostra lettera? Perché non abbiamo mai ricevuto dal Ministero
alcuna risposta? Perché mettere a tacere il dissenso costruttivo espresso da una parte dei lavoratori del
settore e invece pubblicizzare in maniera “ufficiale” il consenso di un’altra?
Non è un mistero per nessuno che questo Decreto avesse qualcosa di sbagliato. La sentenza del TAR,
giudicandolo illegittimo e incostituzionale, di fatto lo annulla. Il Consiglio di Stato, su istanza del Mibact,
sospende la sentenza. Questo lo stato dell’arte relativo al Decreto, appellabile certo ma molto eloquente
riguardo alla necessità di perfezionarlo.
Noi ora vorremmo capire in che ottica la sospensione è realmente positiva.
Se è per consentire ai teatri di arrivare alla fine della stagione permettendo loro di pagare tutti i lavoratori
dello spettacolo in essi impiegati, bene.
Se si tratta di una pausa di riflessione che produrrà nell’immediato futuro un confronto reale con tutte le parti
in causa, imprese e lavoratori, bene anche questo.
Se invece si vuole applaudire al Decreto sottolineandone gli aspetti positivi in maniera strumentale,
ignorando le moltissime voci che da mesi ne chiedono una revisione, allora questo è molto grave.
Noi attori e attrici di FACCIAMOLACONTA ci siamo posti in modo critico rispetto a un Decreto che dimentica
l’artista; abbiamo cercato con il Ministro, per ora invano, un dialogo avanzando proposte concrete per portare
l’obiettivo di futuri interventi legislativi anche verso la considerazione chiara della nostra categoria. Ma ora è
chiara, in seno al nostro movimento, la preoccupazione che il Mibact non riesca a cogliere l’occasione di
approfondire lo sguardo verso il mondo in cui si produce cultura in Italia. Uno sguardo attento e schietto, che
sarebbe il solo a garantire il vero miglioramento di un Decreto che aspira a diventare Legge per lo spettacolo
dal vivo. Poiché qui in gioco ci sono le linee di orientamento del come fare cultura nei prossimi 50 anni, ci
domandiamo risoluti il perché dell’esposizione sul sito ministeriale di un appello a firma di 100 che come tutti
noi, appartenenti allo stesso settore, attendono da tempo quasi immemore la stessa cosa: la propulsione di
un rinnovamento.
Se ci riconosciamo nei principi che hanno mosso un tentativo di riforma, è altrettanto necessario riconoscere
che gli strumenti messi a disposizione dal Ministero sono assolutamente migliorabili. Ed è in questo
momento che ravvisiamo l’opportunità unica per il settore dello spettacolo dal vivo, il quale UNITO chiede
una Legge Quadro discussa e sviluppata insieme a tutti coloro che la cultura la fanno, non solo le imprese.
Non esistono parti per il tutto e per un futuro riordino del settore, per quanto difficile, lo sforzo del Ministero
non può che rivolgersi al tutto che siamo.
Per questo chiediamo un cambio radicale della visione del Ministero, sottolineando l’importanza della figura
dell’artista nella futura Legge e il pericolo dell’esclusiva attenzione per i grandi apparati.
L’impostazione imprenditoriale – dei grandi numeri – con la quale il Decreto è stato scritto, non ha lasciato
finora spazio a una discussione circa la politica culturale che dovrebbe sottendere il rinnovamento in esso
contenuto. Discussione che siamo qui a esortare e alla quale vogliamo partecipare, in quanto attori e attrici,
lavoratori dello spettacolo, consapevoli e orgogliosi della nostra funzione nella società, e principali artefici
dell’impresa teatrale e culturale di qualità in Italia.
Non si può prescindere dalla riflessione su quale sia la funzione del teatro pubblico oggi nel nostro Paese.
Noi siamo pronti a farlo nel merito.
Ma con questa nostra lettera intendiamo opporci risolutamente a ogni tentativo in atto di dividere la categoria
dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, perché sappiamo che il vantaggio che la politica pensa di trarne sarà
poi dannoso per l’intero Paese. Chiediamo quindi al Ministro di proseguire con la riforma vera del settore, che
sappia tenere conto della realtà che ci accomuna tutti. E per questo motivo:
– Pur d’accordo che sia importante parlare delle risorse – unica possibilità di portare avanti il sistema –
continuiamo a sollecitare una trasformazione nella visione dei fondi pubblici, da mezzo per ripianare deficit a
investimento. Allo stesso tempo chiediamo una politica di controllo anche a posteriori delle risorse utilizzate,
stabilendo principi di equa ripartizione per i diversi settori, amministrativo, tecnico e artistico.
– Chiediamo altresì che il CCNL sia ridiscusso e poi sia fatto obbligo per le imprese di rispettarlo, senza
scuse o defezioni, pena decurtazioni o perdita del FUS.
– Chiediamo infine con fermezza il riconoscimento giuridico della natura atipica dell’attore, premessa
fondamentale per mantenere la dignità dei lavoratori e per creare quelle tutele che si sono ormai perse.
Se proverete a svuotare i Teatri dagli Artisti, vi ritroverete degli enormi carrozzoni senza sapere più
nemmeno perché li avete creati!
FACCIAMOLACONTA