Il primo invito è dimenticare Walt Disney. Mirabile la realizzazione grafica, ma in quel film la storia inventata da James M. Barrie veniva da un lato “bambinizzata”, dall’altro moralizzata: quel che conta è il viaggio di ritorno al mondo di papà e mamma, dopo una lunga vacanza nel lunapark della fantasia. Per la cultura inglese invece Peter Pan tocca così a fondo nell’immaginario collettivo di adulti e bambini da smarginare ben oltre il genere “letteratura per l’infanzia” e divenire quasi una struttura mitica diffusa. Fu la cultura vittoriana inglese a creare l’immagine del bambino come “il diverso dall’adulto”, apparentato al primitivo e al femminile. Barrie creò un mondo parallelo, un’immagine di quel mondo di compensazione fantastica che i bambini creano per sé quando sfuggono per pochi istanti all’occhio dell’adulto, e al centro vi pose una figura semidivina, a metà umana e banale, nel nome Peter, a metà remotamente affine al dio greco del terrore dei boschi e del vitale disordine, Pan, di cui possiede anche un visibile attributo, il flauto. Peter Pan non cresce perché ha rifiutato di farlo, sa bene che compiere due anni è l’inizio della fine. Scopriremo, dal romanzo, che il segreto della sua eterna infanzia fuorilegge è l’assenza di memoria. Come gli dei antichi, Peter vive soltanto l’affetto di chi gli è presente ai sensi, poi tutto si cancella. Divini sono anche altri suoi tratti caratteristici: non ha peso; non mangia, non può essere toccato, salvo che dalle fate; e poi, vola, perché, creatura “onni-intermedia”, i bambini sono stati uccelli prima di essere creature umane.
Se così pervasiva è divenuta la leggenda di Peter Pan, sino a impastarsi col sostrato mitico di una cultura, ciò è avvenuto soprattutto grazie alla commedia e alla sua particolarissima forma. Barrie ha usato come contenitore un genere tipico del teatro inglese per bambini-accompagnati-da-adulti, il pantomime, che, malgrado il nome, nulla ha a che fare con la pantomima. È un teatro recitato tutto in proscenio, occhi negli occhi col pubblico, con cui si intrecciano coinvolgimenti e complicità; i ruoli sono spesso invertiti en travesti, cavalli, o coccodrilli, nel caso nostro, sono interpretati da volenterosi ragazzi con un approssimativo, sgangherato travestimento. Recitazione sopra le righe, infantilismo dei trucchi, uscite continue dalla parte, tutto congiura a rovesciare la famosa formula di Coleridge, producendo una “volontaria sospensione della credulità”.
Quell’immagine vittoriana del bambino come entità separata e intermedia è oggi diventata universale. Universale forse, anche se inespresso, è il sentimento di perdita e di lutto. Dietro l’affetto ostentato e la soddisfazione immediata tramite merci di ogni bisogno o angoscia infantile, c’è forse la medesima distanza e freddezza che Barrie rimproverava al suo ambiente calvinista. E così come il vecchio marinaio di Coleridge si portava al collo l’albatro della sua colpa, così ciascuno di noi si trascina al collo il bambino morto che fummo.
Luca Fontana